Interpello sicurezza n° 25 RSPP interno esterno o dipendente?

15 Comments

Segnaliamo un interessante risposta ad un interpello posto al ministero del lavoro relativo al RSPP il responsabile della sicurezza nei luoghi di lavoro all’interno dell’azienda pubblicato oggi:
N° 24: SPP interno non significa necessariamente RSPP “dipendente” dell’azienda

Si approfondisce il tema del responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi e si specifica che tale figura può essere un consulente esterno .
link :http://www.lavoro.gov.it/SicurezzaLavoro/MS/interpello/Pages/default.aspx

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Vi ricordiamo che offriamo il servizio di incarico rspp esterno per tutti i tipi di aziende, che siano uffici, bar , ristoranti , officine meccaniche, edili, cantieri, condomini e tutte quelle imprese che sono obbligate ad avere un responsabile RSPP.

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15 Comments
    • carmelo
    • 13 novembre 2014

    Sono assolutamente d’accordo.
    E’ vero che il rapporto contrattuale diventa secondario ma attenzione al tipo di contratto che si va a stipulare visti i vincoli della nostra legislazione giuslavoristica.
    Andranno scartati contratti tipo cocopro, cococo, distacchi, ecc.
    La tipologia di contratto, vista la tipologia di aziende e la reale importanza del ruolo (non quella percepita, ahnoi) che più si adatta , è quella di un contratto di temporary management.
    Saranno disponibili le aziende a pagare un RSPP quanto le classifiche figure fino ad oggi utilizzate per temporary management (in genere, ex dirigenti con grande esperienza per incarichi direzionali)?
    Il rischio è che si finisca con contratti di somministrazione (ex interinali) stipulati con le solite società che, in concreto, non saranno in grado di offrire profili adeguati all’importanza del ruolo.

    • giampaolo
    • 13 novembre 2014

    Se alla dizione “interno” sostituissimo quella di “RSPP che operi all’interno della azienda per tutta la durata degli orari lavorativi” abbiamo chiarito l’obbligo che il legislatore probabilmente voleva imporre per le aziende ad alto rischio.
    ll rapporto contrattuale che lo lega al datore di lavoro diventa secondario.

    • carmelo
    • 13 novembre 2014

    il problema che ho sollevato nei post precedenti, non riguardava capacità e competenze del RSPP ma l’efficacia del processo di trasferimento delle stesse all’organizzazione aziendale.
    A mio giudizio, in un’azienda come quelle del comma 6 dell’art. 31, un RSPP dotato di capacità e competenze adeguate alla natura dell’incarico ricevuto e che opera esclusivamente per essa, ha molte più possibilità di massimizzare il trasferimento delle stesse al resto dell’organizzazione aziendale.
    Quindi, si può pure stipulare un contratto con un tizio con capacità e competenze ma l’importante è che questi si dedichi esclusivamente a questa azienda e non ne segua N altre, magari alternandosi con i propri ragazzi di studio.

    • giorgio
    • 13 novembre 2014

    Se ci siamo capiti sul fatto che per l’RSPP contano le competenze e capacità, laddove il contratto intercorrente tra le parti NON rileva ai fini della valutazione del servizio, allora tutto Ok, parliamo la stessa lingua.
    L’interpello 24 fissa proprio questo concetto, INTERNO non vuol dire DIPENDENTE, e così ha da essere, anche per evitare le facili astuzie di chi ha nominato un poveraccio (impiegato di 3° categoria) che ha fatto a malapena un corso da 4 soldi, dandogli per di più anche altri incarichi, e parlo di grosse aziende, ma credono di essere a posto perché hanno l’RSPP “interno”.
    Fine dei giochi, facciamo le cose serie.

    • carmelo
    • 13 novembre 2014

    La risposta all’Interpello farebbe chiarezza se fossimo in un Paese pervaso dal pragmatismo con una giusta dose di calvinismo.
    Invece siamo in un Paese con un’anima bizantina che ha lasciato l’iniziativa, sul delicato settore della normazione in materia di sicurezza e tutela della salute, a soggetti istituzionali che vivono in una dimensione parallela e da questa legiferano senza preoccuparsi di analizzare approfonditamente il contesto.
    Il risultato sono regole astruse che, in quanto tali, non sono comprese e non vengono applicate.
    Se avessero voluto un RSPP senza un vincolo contrattuale, avrebbero potuto evitare di scrivere il comma 6 dell’art. 31.
    Se già ai tempi del 626 l’avevan fatto, qualche motivo c’era stato.
    La direttiva 89/391/CEE, del resto, chiedeva la nomina del RSPP ma non faceva alcun cenno alla tipologia del rapporto contrattuale.
    In Italia, invece, col 626 s’è deciso di differenziare introducendo il termine “interno” per citate tipologie d’aziende.
    Per quanto riguarda le aziende con cui lavori io, la più piccola ha 430 dipendenti e la più grande oltre 9000.
    A queste non gli passa manco per l’anticamera del cervello, di esternalizzare la funzione RSPP proprio perchè considerano la sicurezza e la tutela della salute come parte integrante dei valori e principi aziendali su cui l’azienda si regge.

    • aurora
    • 13 novembre 2014

    E definirla sibillina è graziosamente eufemistico: a me sembra una vera perla del neocencellismo…

    Un consulente esterno può fare comodo perchè porta esperienza diverse fatti in posti diversi, può dare “dritte” non autonomamente intuibili, ma a noi proprio come consulenti esterni fa molto più comodo che il RSPP sia uno “strutturato” e non un occasionale, quale che sia il suo contratto o il suo compenso.
    Fosse solo per supplire le inevitabili deficienze dei “moduli” B fanno comodo i consulenti esterni di pertinenza specifica, ma -come dico spesso- dopo il primo, il secondo, ma anche il terzo anno di telefonate per ogni cavolata, l’interno alla fine ha capito il meccanismo e si confronta direttamente con il DdL e con i preposti/dirigenti, per trovare le soluzioni. Se lavoriamo bene, ci chiameranno solo per le questioni più complicate, per la routine saranno autonomi.
    E facendo salve le professionalità di ciascuno, uno strutturato interno per forza di cose ha un maggiore senso di appartenenza aziendale di un esterno.

    • carmelo
    • 13 novembre 2014

    Come mestiere io faccio il consulente HSE ma sono contrario al fatto che le tipologie di aziende di cui al comma 6 dell’art. 31 si avvalgano di un RSPP consulente anche se hanno un SPP con addetti interni.
    Un RSPP che, per le tipologie di aziende citate prima, non si dedica a tempo pieno all’azienda, non può espletare compiutamente i propri obblighi.
    Il RSPP a tempo pieno, anche di un’azienda da comma 6 dell’art. 31, non è un tuttologo ma deve avere la capacità di comprendere quando le sue competenze devono essere integrate da soggetti specialisti esterni.
    A questo devono servire i consulenti esterni e non a sostituirsi al RSPP in questa tipologia di aziende.
    La risposta all’Interpello non è un esempio di chiarezza perchè, in sostanza, dice:
    “datore di lavoro sono cavoli tuoi su come stipuli l’accordo di collaborazione con il RSPP purchè sia inserito nell’organizzazione aziendale ed assicuri una presenza adeguata”.
    Si può ritenere questa una risposta chiarificatrice?
    Penso proprio di no, visto quali sono stati i commenti su questo e su altri Forum, testate web, ecc.
    E’ una risposta “di plastica” che sconta l’errore iniziale (voluto o meno, questo non lo so) contenuto prima nel 626 e poi nell’81.
    Non potendo modificare con una risposta ad un interpello, il testo di un decreto legislativo, non hanno potuto che fornire questa risposta quantomeno sibillina.

    • amerigo
    • 13 novembre 2014

    aldilà di qualsiasi retorica e populismo, quanto riportato nell’interpello è pienamente condivisibile, a meno che non si pensi alla salute e sicurezza dei lavoratori come un business che possa permettere di spaziare da un plesso industriale all’altro o da una struttura sanitaria, senza interagire ed essere parte di un’organizzazione.
    Ribadisco che quanto contenuto nell’interpello n°24 è condivisibile perché:
    1) non va a ledere nessun rapporto di lavoro professionale di consulenza in quanto come riportato nella dizione interno non è sinonimo di dipendente;
    2) le aziende escluse dall’art. 31 comma 6, dopo aver valutato in via prioritaria se ha delle competenze, può benissimo ricorrere ad un suo consulente di fiducia
    3) le aziende di cui parla l’art.31 comma 6, che vorrei ricordare sono:
    a) quelle ad alto rischio (peraltro tali aziende nel campo della sicurezza devono avere un’organizzazione interna anche per la sicurezza ambientale)
    b) le centrali termoelettriche
    c) le centrali nucleari o dove si faccia uso di radiazioni ionizzanti
    d) quelle per la fabbricazione di esplosivi e simili
    f) le industrie estrattive con più di 50 dipendenti
    g) le strutture sanitarie pubbliche e private con più di 50 dipendneti
    h) quelle con più di 200 dipendenti (meno dell’1% del tessuto produttivo)
    per queste tipologie, non solo è un obbligo il concetto espresso dall’interpello in tema di interno, ma aggiungo che un’azienda che rientra nella tipologia di cui sopra se vuole veramente affrontare la salute e sicurezza sul lavoro senza demagogismi o paure di interpretazione di UPG e PM, si metta nelle condizioni di onorare seriamente il bene indiscusso dei propri lavoratori, organizzando un sistema di gestione consono alla sua specificità.

    • carmelo
    • 13 novembre 2014

    l’obiettivo a lungo termine di un RSPP dovrebbe essere quello di massimizzare il trasferimento del proprio bagaglio di competenze all’organizzazione.
    In altre parole, si tratta di diventare obsoleti come funzione.
    L’obiettivo a breve o medio termine di un RSPP dovrebbe essere quello di catalizzare i processi aziendali affinchè la sicurezza sul lavoro venga integrata all’interno dell’organizzazione aziendale.
    Per far questo, io come RSPP dovrei:
    – favorire l’integrazione tra le diverse competenze aziendali;
    – attivare e sostenere un processo di crescita delle competenze degli altri attori aziendali;
    – contribuire alla motivazione alla sicurezza del personale;
    – coinvolgere il personale nelle attività organizzative e gestionali della sicurezza;
    – favorire i processi di comunicazione finalizzata alla sicurezza.
    Francamente, se volessi davvero far questo, credo sia più difficile farlo da esterno che da interno.
    Certamente, le aziende non sono sempre disponibili a fare autocritica.
    Si pensi, ad esempio, alle direzioni del personale quando proponi di andare a “toccare” i sistemi di valutazione delle prestazioni chiedendo una maggiore visibilità e un maggior peso degli obiettivi H&S per i dirigenti.
    Negli anni in cui ho girato in Italia e all’estero, le aziende come quelle del citato comma 6 e con cui ho avuto a che fare, hanno sempre avuto tale figura (il RSPP o il suo equivalente negli altri Paesi), assolutamente integrato nell’organico aziendale.
    Nessuna di queste, vista la complessità e l’entità del rischio dei loro processi lavorativi, si era sognata di prendere qualcuno partime.

    Nel mio primo post, avevo evidenziato che, visto l’approccio prevalente in Italia e quanto riportato nella risposta all’Interpello, la definizione della citata “adeguatezza” della presenza del RSPP sarebbe stata sempre sotto la spada di Damocle della valutazione del Giudice in caso di reato d’evento, creando un’ulteriore area di debolezza ed esposizione giudiziaria per questa figura.
    Nel precedente post, rispondendo , avevo citato un convegno dove nel mio intervento avevo pronosticato un intervento della UE proprio per un non corretto recepimento della direttiva.
    Cosa che poi si puntualmente verificata.
    Avendo anche detto che la definizione di RSPP era frutto di un accordo tra le Parti Sociali dove da una parte si manteneva basso il profilo professionale del RSPP e dall’altra si conferivano tra le attribuzioni del RLS anche quella di rivolgersi direttamente all’ASL in caso di inidoneità delle misure di sicurezza adottate, mi arrivò anche una lettera di protesta riguardo il mio intervento giudicato offensivo per aver detto che c’era stato un accordo.
    Ovviamente, copia di questa lettera, è incorniciata nel mio studio accanto alla laurea in quanto la considero come un titolo di merito.

    • giuseppe
    • 13 novembre 2014

    se ragioniamo di aziende che sentono la sicurezza non come una spesa ma come una esigenza, sceglieranno l’RSPP in base ai requisiti tecnico-professionali e non solo in base all’offerta economicamente più vantaggiosa.
    Se invece la scelta avviene solo col criterio del minor costo, allora faranno un’adeguata analisi costi/benefici sulla scelta di un RSPP interno (che comporterebbe avere una forza-lavoro tolto dalla produzione) o esterno.
    Personalmente ritengo che l’RSPP deve entrare assolutamente negli ingranaggi aziendali e mettere il naso ovunque, in tutte le strategie aziendali … almeno io mi comporto così ma non nascondo che “mettere il naso nelle strategie aziendali” non è immediatissimo e la difficoltà è analoga sia per un RSPP interno che esterno.

    • carmelo
    • 13 novembre 2014

    Qui nessuno sta dicendo che ci vuole un RSPP che fa il portiere o lo sceriffo dell’azienda ma di un RSPP che, in possesso di adeguate competenze, è in grado di partecipare “dal di dentro” alle strategie ed alle decisioni dell’organizzazione aziendale.
    E tanto più è complessa l’organizzazione, tanto più è importante che tale figura sia coinvolta in tutti i processi decisionali.
    Siamo sicuri che un soggetto pagato a prestazione, scelto spesso con il criterio del minor costo sul mercato, sia percepito come parte integrante dell’azienda, possa essere coinvolto in egual modo di un RSPP dipendente e sia in grado di offrire un supporto adeguato ad un’azienda complessa e con processi ad alto rischio?
    Questa è la vera domanda che dobbiamo farci.
    In merito alla Corte di Giustizia ed alla condanna dell’Italia, il sottoscritto, in un convegno del Sole 24 ore nel lontano 1995, con accanto il suo presidente, ne aveva dette di tutti i colori riguardo l’assurda definizione di RSPP partorita con il D. Lgs. n° 626/1994 e cioè quella di “possesso di attitudini e capacità adeguate”.

    • giorgio
    • 13 novembre 2014

    Non solo non sono d’accordo, ma inviterei a formulare i commenti solo a fronte di un’effettiva conoscenza dei termini del problema, altrimenti facciamo “politica” e la Sicurezza e Salute sul lavoro va a farsi benedire.
    L’interpello n° 24 risponde a precise logiche giuridiche (e su queste cose lasciate parlare i giuristi, perché il diritto non è questione opinabile, e bisogna conoscerlo dall’interno, altrimenti si fa i tuttologi e vengono fuori le sciocchezze), ma anche a precisi indirizzi della Comunità Europea, che ha già visto condannata proprio l’Italia, avanti la Corte di Giustizia CEE, proprio per non aver privilegiato i fattori di “competenza” e “conoscenza” nella scelta dell’RSPP.
    Non serve l’RSPP presente dalla mattina alla sera in cantiere, e se è lì tutti i giorni c’è qualcosa che non va. In cantiere ci stanno i Dirigenti, i Preposti, i Lavoratori, e sono questi che devono gestire correttamente l’attività, ed organizzare il lavoro in sicurezza, secondo le indicazioni che vengono fornite, queste sì, dall’RSPP e dal Servizio di P&PR.
    Il discorso è ampio e questa non è la sede per approfondirlo, abbiamo tuttavia pubblicato di versi contributi in varie epoche su questo argomento.
    In ogni caso NON serve (anzi, è controproducente) la presenza permanente dell’RSPP sul luogo di lavoro (e che facciamo negli Ospedali, ove il sevizio è h24?) bensì la sua effettiva partecipazione all’attività organizzativa aziendale, e questa sì, una efficace REPERIBILITA’.
    Così possiamo ricercare l’RSPP più qualificato, ed adeguato all’attività che se poi è un professionista indipendente, meglio, vuol dire che ha maggior esperienza del dipendente fisso a stipendio.

    • carmelo
    • 13 novembre 2014

    Si, però questo è un altro discorso.
    In aziende come quelle citate, un datore di lavoro, oltre a violare quanto previsto dal comma 2 dell’art. 31 è anche un pessimo datore di lavoro che non comprende le dimensioni del problema sicurezza e l’impatto che lo stesso potenzialmente ha sul business dell’azienda.

    Personalmente, ho a che fare solo con aziende che rientrano nel comma 6 dell’art. 31 ma non alcun dubbio che tale risposta all’Interpello venga presa dai datori di lavoro di queste aziende come una grande sciocchezza.

    • giuseppe
    • 13 novembre 2014

    Pienamente condivisibile quanto asserito.
    Però c’è l’altra faccia della medaglia, cioè nominare un RSPP interno magari assolverebbe all’obbligo di legge ma se non lo si destina poi a svolgere tale attività significa assenza totale del SPP.
    Ovvio che non si deve generalizzare, ma tra i due mali quale scegliere?

    • carmelo
    • 13 novembre 2014

    Sarei curioso di sapere sulla base di quali parametri sarà definita, in caso di reato d’evento, l’adeguatezza o meno della presenza del RSPP esterno in azienda.
    In altre parole, a fattaccio accaduto, saremo di nuovo in ballo con le varie interpretazioni di UPG, PM e compagnia bella.
    Altro problema:Se come RSPP non dipendente di un’acciaieria, per assicurare un’adeguata presenza, sono tutti i santi giorni in azienda ed ho solo questa azienda committente, non mi pare che dal punto di vista strettamente giuslavoristico, il rapporto di lavoro possa intendersi come una prestazione di lavoro autonomo o in un’altra delle variegate forme previste per il lavoro temporaneo.
    Forse con la somministrazione (ex interinale) ….. ma anche qui sarebbe dura per l’azienda far fronte, ad esempio, a richieste risarcitorie di un RSPP per disparità di trattamento a fronte dell’attività prestata.
    A meno che non si stipuli un contratto di “Temporary Management” ma applicando le tariffe previste per queste attività che sono ben più alte di quelle relative al costo, ad esempio, di un dipendente con qualifica di quadro in un’industria metalmeccanica.
    Pertanto, a mio giudizio, la risposta data con quest’Interpello è una grossa sciocchezza.
    Le aziende citate, se con un po’ di sale in zucca, si guarderanno bene da esternalizzare l’incarico visto che i rischi, tanto per rimanere in tema, sono più dei vantaggi.
    Stupefacente, poi, è che tale Interpello sia stato posto da chi non ha nulla a che vedere con i settori indicati all’art. 31, comma 6 del D. Lgs. n° 81/2008.

 
 

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