La legislazione italiana ed europea, in materia di sicurezza alimentare, impone la presenza nell’etichetta, nella maggior parte dei casi, di ogni elemento contenuto nel prodotto in vendita. Alcune sostanze, però, vuoi per un vuoto legislativo, vuoi per l’assenza di ricerche che ne abbiano stabilito le conseguenze a lungo termine sull’organismo, risultato esentate dal comparire, a chiare lettere, sulle confezione dei cibi. Si tratta delle cosiddette nanoparticelle.
Le nanoparticelle non sono altro che molecole, di elementi conosciuti come il titanio o il silicio, molto più piccole di quelle che è possibile trovare in natura e vengono utilizzate, nel comparto alimentare, per le più svariate lavorazioni. Per esempio, alcune sostanze, se lavorate fino a diventare di dimensioni “nano”, posso aiutare la fluidità delle salse, eliminare i grumi nelle creme oppure, ed è questa la principale funzione, allungare di molto la vita di un prodotto confezionato.
In Europa L’Efsa, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare, ha divulgato, nel 2011, tre documenti molto importanti, in cui si promuove una linea d’azione e di ricerca volta a comprendere i potenziali rischi che queste sostanze possono comportare per la salute dell’uomo. Il principale problema, infatti, è che oltre ad esistere un vuoto legislativo che regolamenti questi materiali, mancano studi indipendenti, in grado di dimostrare o smentito, la pericolosità di queste sostanze.
Nel panorama italiano troviamo una interessante ricerca, che sta cercando di fare luce su questo problema, presso l’Istituto di Superiore di Sanità, in collaborazione con i membri del progetto europeo Nanogenotox.
La Dott.ssa Maranghi spiega che lo studio ha come obiettivo quello di giungere ad una maggiore comprensione delle conseguenze che queste sostanze, in particolare il biossido di silicio, hanno sul corpo umano. In accordo con L’Authority europea per la sicurezza alimentare, lo studio cercherà di comprendere più a fondo le caratteristiche di queste nano-particelle in relazione alla salute delle persone. Gli sviluppi della ricerca, ancora in corso, saranno di sicuro un nuovo tassello per comprendere se e come queste sostanze possono nuocere alla salute data la loro grande diffusione nei cibi e nell’ambiente. L’impegno italiano ed europeo sono da considerare come fondamentali per una futura legislazione comunitaria rivolta alla salvaguardia della sicurezza alimentare in relazione alle nano-particelle.
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